Mostra di SONJA STRECK

E se le parole non servissero per comunicare
Recensione di curatore e critico d’arte, Marilena Vita
Nel 1908 Wilhelm Worringer, storico dell’arte tedesco, con il saggio “Astrazione ed empatia”, dà il via a una ricerca, quella astratta che in pittura sarà determinante per tutto il XX secolo sino a divenire insieme alla figurazione, il secondo polo del linguaggio pittorico.
Il processo di empatia per il teorico è un piacere estetico in cui l’ artista gode di sé stesso quando si immedesima in un oggetto diverso da sé. Un processo che avrebbe costituito da sempre il presupposto della creazione artistica. ln Sonja Streck l’ empatia si autoattiva mediante l’ impulso all’ astrazione, conseguenza questa, di una grande inquietudine interiore che deriva dalla volontà di trasmutare le parole in forme astratte. È un impulso quello della Streck, un esigenza forte, un volere artistico quello di isolare la parola e avvicinarla a una forma organica da riportare sul supporto usato per dipingere. Una parola che deriva dalla bellezza della cosa stessa. È come se l’ artista ci volesse sussurrare:
“La mia pittura inizia dove mancano le parole”.
Nella mostra organizzata alla Montevergine artecontemporanea a Siracusa, l’ artista tedesca, ci catapulta nel suo modo del vedere e del sentire con la mente. Svincolata dalla rappresentazione figurativa del mondo, l’artista utilizza elementi formali puri: segno, colore e stile personale sulla superfice da dipingere, che diventa palcoscenico e che rimanda all’ esistenza dello spettacolo stesso. Il colore, la ricerca della luce e l’empatia, sono elementi centrali nel lavoro pittorico della Streck, un godimento estetico e percettivo che scaturisce in lei un senso di libertà e di piacere. Una luce decisiva, al pari di un’illuminazione costante che ha origine dall’esaltante miscuglio di colori che l’artista usa in modo sapiente.

Pennellate di un’ intensità espressiva fatta di azzurri intensi, di gialli, rossi, ocre e neri, ricchi di tensione, spinte al limite del supporto in cui gira I’ intera composizione pittorica.
Sonja Streck nasce da una famiglia di creativi vicino Stoccarda dove frequenta l’ Accademia di Belle Arti. A 25 anni si trasferisce a Zurigo e lavora nel campo della moda e del design, fino a quando, qualche anno fa arriva in Sicilia e si stabilisce nella città di Catania.
Per comprendere meglio la pittura della Streck è importante capire il contesto in cui si forma l’artista ma ancora più fondamentale è il viaggio che la porta in Sicilia dove finalmente trova il luogo ideale per approfondire la sua ricerca.
Immersa nella luce e nei colori della Sicilia, l’ artista dà vita a un nuovo linguaggio, dove segno, colore e superfice vengono usati per raccontare una storia, la sua probabilmente. Il tutto sarà determinante per una nuova espressione pittorica. Questo è il mondo che si è creato l’artista, questo suo bisogno di astrazione è il tentativo di creare un mondo segreto in cui rifugiarsi.
L’artista utilizza vari supporti per dipingere: legno, cartone, tela e materiali riciclati, fogli di giornali che diventano mappe fatte di segni e colori, pronte per essere decifrate da chi ne fruisce in un dialogo con chi saprà leggerne il sottile significato.

Non è un caso che l’ artista faccia esperimenti anche con la fotografia astratta, alla quale a volte aggiunge del colore per rafforzarne l’espressività. Immagini ravvicinadettagli di dipinti o semplicemente oggetti in cui la luce sapientemente composta è capace di evocare altro, rispetto alla loro geometria.
Tutte le opere di Sonja Streck non sono “titolabili” in quanto l’ artista lascia intenzionalmente l’opera aperta a molteplici letture.
È come se l’ artista volesse lasciare spazio all’ interpretazione che ogni osservatore conferirà loro, non cerca suggerimenti aggiuntivi o titoli che potrebbero contraddire o condizionare il fruitore, interrompendo così il legame visivo che si è venuto a creare.